Dante esoterico e la Grande Opera Print
Friday, 13 September 2019 18:25

“O Voi che avete gl’intelletti sani mirate la dottrina che s’asconde sotto il velame delli versi strani”

Con queste parole, Dante si

rivolge al suo uditorio privilegiato capace di comprendere un insegnamento che si nasconde sotto il velo dei suoi versi, una dottrina che non è per tutti, ma solo per gli iniziati, per coloro che, appunto, hanno “gli intelletti sani”. Dante esoterico. Oggi è la ricorrenza del 698° anniversario della morte del Sommo Poeta, avvenuta ill 13 settembre 1321. Colui che fu il massimo interprete dei Fedeli d’Amore. Infatti, una medaglia conservata a Vienna reca l’immagine di Dante e la scritta F.S.K.I.P.F.T., interpretata come “Fidei Sanctae Kadosh Imperialis Principatus Frater Templarius” e vista come la verifica della appartenenza del poeta all’ordine dei Fedeli d’Amore, o Fede Santa, associato a quello dei Templari, ma la sua opera parla da sola e indica il cammino della trasmutazione dell’essere umano che la Divina Commedia illustra. Dante compie il suo viaggio durante la settimana santa, all’equinozio di primavera, quando gli antichi misteri celebravano una morte e una rinascita, nella natura che esce dal gelo e nell’uomo – Dio vincente sulla cristallizzazione della materia: il candidato ai misteri, colui che ha acquisito consapevolezza di trovarsi in una dimensione pesante e innaturale per il figlio della luce, in una selva oscura e di aver smarrito la retta via, viene spinto a volgere gli occhi in alto, verso la montagna, simbolo del percorso iniziatico, dalla quale verrà l’aiuto. Tre bestie tuttavia gli sbarrano la strada allorché si accinge ad affrontare la dura salita: esse rappresentano la natura bestiale dell’uomo da purificare e trasmutare in un cambiamento radicale di coscienza, in cui si sostanzia la morte iniziatica con lo abbandono dell’immedesimazione nelle energie dell’ego. Prima di salire, Dante inizia un percorso che lo conduce verso il basso, negli inferi interiori, nelle regioni oscure dell’inconscio dove c’è il ribollente magma del rifiuto, l’ombra in cui energie maligne e distorte si agitano richiamando la sua attenzione. Il messaggio è noto alla tradizione: anche Enea nel VI canto dell’Eneide e Maometto in un testo islamico, di appena ottanta anni prima di Dante, compirono viaggi notturni attraverso un inferno che necessariamente precede la salita alle sfere, perché l’uomo deve svelare i suoi meandri più oscuri e negletti per permettere alla luce della coscienza di dissolvervi le tenebre, proprio come suggeriscono gli ermetici: “Visita interiora tua (o terrae), rectificando invenies occultum lapidem”.

Kadosh