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Il significato simbolico della fondazione di Roma PDF Stampa E-mail
Martedì 21 Aprile 2020 19:31

Il racconto della fondazione non è solo un fatto mitico creato dal sovrapporsi di varie leggende, ma la trasmissione di un evento metafisico che ci riguarda ancora oggi più di quanto potremmo mai immaginare. 21 secoli fa nel 753 A.C., durante la festa della pariglia, avviene la Fondazione di Roma. Le pariglie sono le feste dei pastori; ancora una volta nel contesto mitico, ritorna il simbolo del pastore come protagonista di una fondazione o più in generale di una Teofania.

Cosa facevano i pastori durante queste festività? Il rituale delle pariglie consisteva nel saltare fuochi accesi; secondo le tradizioni popolari, questi riti servivano a propiziare la fertilità degli animali e, precisamente, delle capre. In realtà, il rito del salto del fuoco dei giovani guerrieri è un rito di passaggio antichissimo misterico e iniziatico, che si può rintracciare nelle più antiche comunità di ceppo indoeuropeo. Il salto nel fuoco suggerisce l’idea di una preliminare purificazione e di un passaggio necessario, da una parte all’altra di una sponda o di una terra, attraverso l’azione di un fuoco purificatore. Bisogna effettuare un passaggio attraverso il fuoco per dare inizio ad un’impresa di tipo realmente spirituale, bisogna che l’uomo vecchio lasci il posto all’uomo nuovo. Ma prima di poter dar luogo ad un atto di fondazione a carattere Sacro era necessario sapere quale sarebbe stato il candidato scelto dalla volontà divina, chi sarà chiamato ad assolvere una tale missione Romolo o Remo? Secondo la leggenda, Romolo vuole fondare la Città sul Palatino, Remo la vuole fondare sull’Aventino. Per poter decidere chi e dove sarebbe sorta la città, fu interpellato un Augure, il sacerdote specializzato nella tradizione religiosa Etrusca prima e romana poi, all’interpretazione della volontà degli Dei o “auspici”. L’Augure viene sempre rappresentato vestito delle classiche vesti bianche e con in pugno il Lituus, lo strumento sacro utilizzato per dividere il cielo, tracciare i confini del Tempio Celeste. Secondo i racconti, i sacerdoti si recarono uno sul Palatino, dove aspettava Romolo raccolto in preghiera e con il capo velato e uno sull’Aventino luogo prediletto da Remo. Gli Augure esaminano entrambi i fratelli, poi volgendosi con gli occhi a scrutare il cielo che avevano preliminarmente diviso, dopo aver pronunciato le parole di un rituale antichissimo, attesero che gli Dei palesassero la loro volontà. L’augure secondo la tradizione etrusca divideva con il Lituus il cielo in sedici parti, alcune di queste erano fauste, cioè fortunate, altre erano infauste o sfortunate; la specie e la direzione che percorrevano gli uccelli nel cielo così diviso, indicavano la forza e il carattere del segno che esprimeva la volontà divina. Quando il sacerdote osservò il cielo alle spalle di Remo vide gli uccelli arrivare da Sud, una direzione infausta, vide sei uccelli volare nel cielo. Quando l’Augure sul Palatino esplorò il cielo per guardare il segno riservato a Romolo, vide gli uccelli arrivare da nord-est direzione favorevole, contò dodici avvoltoi volare nel cielo, numero e specie propizia e solare per eccellenza. Quindi il prescelto per volontà divina è Romolo, il quale si può definire Augusto, che ha un significato molto particolare nella religiosità romana. Noi comunemente lo associamo al nome che gli imperatori assumeranno da Ottaviano in poi, ma in realtà il termine Augusto rappresenta una qualità o meglio una particolare dignità riservata ad un luogo o ad un personaggio speciale. L’Augusto indicava un consacrato, cioè un uomo separato dal mondo profano e riempito o meglio abitato dalla presenza di Dio. L’uomo prescelto dal Nume veniva transustanziato, cambiava natura non era più lui, la sua sostanza non era più umana ma simile a quella divina. Questa discesa del divino nell’umano lo rendeva degno di fondare un epicentro di spiritualità, l’Omphalos o centro del mondo. Ricevuta la consacrazione o la discesa della presenza particolare del Nume nel prescelto, Romolo Augusto deve consacrare, cioè conquistare e separare dal mondo profano, uno spazio sacro riservato alla divinità, dove insediare la presenza Divina. Per questo Romolo si volge verso il colle sacro che ha scelto, il Palatino. Il 23 marzo giorno del tubilustrium, festa della purificazione che seguiva i cinque giorni sacri a Marte, Romolo abbigliato da sacerdote e impugnata una lancia di corniolo la scaglierà in direzione del colle prescelto. Secondo i miti della fondazione, quando la lancia si conficcò nel terreno divenne un albero vivo: racconta Tito Livio che il corniolo conficcatosi nel terreno mise miracolosamente radici e fiorì, intorno a quell’albero che visse molti secoli i romani costruirono un tempio che fu molto venerato dalla gens quirina. Il corniolo è una pianta caratterizzata da un legno durissimo e ricco di profondi significati simbolici, rappresenta anche un potere nascosto, cioè un potere invisibile, una forza che si manifesta quando le condizioni si fanno adatte. Questo atto drammaturgico, mosso da un intento spirituale, sembra rappresentare un atto di esorcismo, è quindi un atto di conquista tipico dell’espressione di un potere spirituale dal carattere sacerdotale e guerriero. Poi, sempre secondo la leggenda, il prescelto Romolo, manderà a chiamare i sacerdoti etruschi, i Lucumoni, che gli insegneranno i misteri della fondazione di una Città e gli faranno dono dei libri Rituales, i libri sacri che i sacerdoti etruschi si tramandavano gelosamente, libri che custodivano i rituali che avevano il potere di provocare la discesa della divinità nel luogo di elezione. La trasmissione dei libri rappresenta simbolicamente il passaggio della Sapienza Sacerdotale Etrusca a colui che avrebbe fondato un nuovo epicentro di spiritualità. Romolo si presenta come il rinnovatore del precedente ciclo di manifestazione, ciclo rappresentato dai sapienti etruschi, che stava andando incontro al suo ineluttabile tramonto per lasciare il posto al nuovo ciclo rappresentato da Roma. Asceso sulla cima del Palatino, Romolo si volge verso Albano, lì dove sorgeva l’Antico Tempio di Giove, perché vuole ottenere l’Augurium, cioè la consacrazione del Palatino attraverso la traslazione della presenza divina di Giove da Alba Longa, la città fondata dal suo Avo Ascanio, dove sorgeva il Tempio di Iupiter Latiaris, massima divinità dei latini. A questo punto, rivolto verso la casa di Giove, il futuro Re di Roma traccia un solco, delimitando lo spazio sacro, e lo fa utilizzando un aratro trainato da due buoi, più esattamente da un Bue e da un Vacca, maschio e femmina, uno bianco e uno nero. L’aratro era forgiato nel Bronzo, perché l’aratura del Re non fu l’atto di un contadino ma quella di un sacerdote che opera nel Sacro. Circoscrivendo il Pomerium Romolo alza l’aratro in prossimità di tre porte, solo tre porte per entrare ed uscire, il resto è interdetto, invalicabile. Il Pomerium tracciato da Romolo ha una suggestiva forma trapezoidale, quasi fosse un contenitore, una coppa che aveva lo scopo di accogliere la presenza di Giove e il suo Augurium come in un contenitore, in un’arca pronta a custodire il mistero della Presenza Divina. Operato in tal modo, crea e consacra la città, di fatto fonda un Tempio. Plutarco descrisse questa fondazione con dovizia di particolari: “Per prima cosa Romolo chiamò dall’Etruria degli esperti, che gli spiegarono e insegnarono minuziosamente il cerimoniale prescritto dai sacri come se si trattasse di un rito magico. Quindi fu scavato un fosso rotondo, del perimetro dell’attuale Comizio, e vi furono riposte le primizie di tutte le cose sancite dalla natura come necessarie alla vita umana. Poi ciascuno portò una manciata di terra del paese dal quale proveniva, e la gettò tra le primizie confondendole tutte assieme. Indi, preso il fosso, che designano con il nome usato anche per l’Universo, e cioè mundus, come centro di un cerchio, tracciarono in giro il perimetro della città”. Quindi, da questo cerchio traccerà un perimetro perché quello è l’Omphalos, ombelico al centro del mondo, il centro in cui discende e poi si irradia la presenza divina, luogo dove la Divinità va ad abitare, immagine del Cosmos che si contrappone al Caos, è il Tempio. È a quel punto che Romolo pronuncia i Nomi segreti della Città. Abbigliato come un sacerdote etrusco impugnando il Lituus compie l’atto Sacro per eccellenza “Suona e Canta”. Romolo portando alle labbra il Lituus suonerà la nota sacra, perché il Lituus non era solo un bastone sacerdotale necessario a dividere cerimonialmente lo spazio celeste, ma era anche uno strumento musicale che emetteva delle note. Romolo suonerà note misteriose dal Palatino, pronunciando e cantando il Nome profano della Città Roma, nome che tutti conosciamo, poi il Nome Sacro ed infine il Nome Misterioso, quel nome che era vietato pronunciare o rivelare. Quando questo nome si poteva pronunciare? Soltanto una volta l’anno, quando si celebravano i fasti della ricorrenza della fondazione della città, tra i suoni dei cembali, il battere incessante dei tamburi ed il caos prodotto dal popolo Romano acclamante il Rex Sacrorum, il Pontefice Massimo. Il quale pronunciava sicuro di non essere ascoltato da nessuno, il Nome Misterioso di Roma. Questo rito ricorda da vicino il medesimo rituale che il Grande Sacerdote svolgeva a Gerusalemme durante la festa dello Yom Kippur, festa della purificazione, giorno in cui tra il clamore assordante dei cembali e del popolo festante veniva pronunciato il Gran Nome segreto del Tetragrammaton, il nome di Dio di quattro lettere. Perché Roma aveva un Nome segreto? Perché il Nome era considerato il luogo del Nume e rappresentava la presenza reale e divina dell’intelligenza celeste che abitava e vivificava la Città Tempio. Conoscere il Nome del Nume tutelare di una città, dava la possibilità di entrare in relazione con la divinità stessa; questa conoscenza metteva in grande pericolo l’esistenza stessa dell’Urbe. Questa concezione, che fa trapelare la conoscenza di una ben precisa dottrina teurgica sull’uso dei nomi divini, viene tramandata dalla storia romana attraverso il velo del mito nel racconto della guerra contro i Veiensi. Roma conobbe tra i primi e più acerrimi nemici alcune città stato etrusche e tra queste la fiera e potente città di Veio. Veio combatterà una guerra contro la nascente potenza romana che durò trenta anni. Stranamente il racconto della guerra contro Veio ha più di qualche punto in comune con l’Iliade di Omero. Ma come i romani ottennero la vittoria contro gli acerrimi nemici Veiensi? Si racconta che il console Marco Furio Camillo ordinò di scavare un tunnel sotto le mura, un tunnel che sbucasse sotto il tempio di Giunone, Dea protettrice di Veio. Scavato il passaggio mandò un gruppo di sacerdoti e soldati a rapire la statua della Dea onde portarla in solenne processione a Roma e promettendo alla Dea stessa che se avesse abbandonato Veio nelle mani romane, gli sarebbero stati resi grandi onori e sarebbe entrata a far parte degli Dei protettori della Città. Sempre secondo la leggenda, Giunone si compiacque dei romani e abbandonando la città ne decretò rapidamente la sconfitta. Questa storia rappresenta, molto probabilmente, una cerimonia che i romani svolsero dopo aver scoperto i nomi misteriosi con cui invocare la dea tutelare della Città, costringendola in qualche modo a lasciare la sua difesa. Queste cerimonie, in cui i sacerdoti romani evocavano in virtù dei Nomi Sacri le divinità delle città da assediare, erano abbastanza diffuse nella ritualità guerriera romana; ci sono arrivate testimonianze delle medesime cerimonie svolte prima di attaccare Cartagine, quando il Generale Scipione cantò il carme rituale sotto le mura della città assediata, ed in diverse altre occasioni. Anche nella tradizione segreta di Israele si diede grande importanza alla scienza segreta del Nome e dei Signori del Nome, i Baal Shem, conosciuti in occidente attraverso le traduzioni dei primi testi cabalistici apparsi in Andalusia introno al XII secolo. È per questo motivo che il nome di Roma sarà custodito in grandissimo segreto.Ci fu un tribuno della plebe, Valerio Sorano, che rivelò il nome segreto e per questo venne crocefisso, proprio perché una tale profanazione metteva in pericolo l’esistenza stessa della Patria. Quindi tracciare e fondare la città Tempio, la Roma Quadrata, per accogliere la Divina presenza del Dio fu la prima impresa di Romolo, a cui seguirono altre due imprese: la traslazione del fuoco Sacro e la divisione dello spazio e del Tempo. “Roma è così il “tempio”, la sede terrena di un nuovo Centro di irradiazione, il luogo segreto dove si trasferisce la Sapienza Arcaica, ritiratasi dagli antichi centri iniziatici delle civiltà in fase di sgretolamento, dalle “terre inaridite”, per approdare con Enea in una nuova terra, la “terra vergine”, la feconda “terra nera” o “terra di Saturno”, l’Italia, la “terra dei tori”, per un nuovo giorno di manifestazione. Romolo, figlio del Sole (Ilion), portatore del Lituus, lo scettro etrusco, è il “Raggio di Sole” che feconda la terra nera di Saturno, il primo Re d’Italia, il fondatore di Roma.

 

Beatam urbem Romanam et invictam et aeternam illa concordia dicere... Tito Livio