Massoneria e Politica Stampa
Mercoledì 19 Novembre 2014 15:59

Dopo le notizie sulla testimonianza del prof. Di Bernardo e le sue affermazioni, ci sorge spontanea una domanda: quali devono essere i rapporti tra politica e massoneria? I nostri rituali recitano: “…..è vietato parlare di politica e di religione….”. Come si deve comportare, allora, un massone che svolge attività politica? Normalmente, è consuetudine, quindi non una regola, che il massone presenti la richiesta di messa in sonno per il periodo della sua attività politica. E questo per vari motivi: fare politica, significa scegliere un partito, un movimento, una parte. E questo contrasta con il principio di universalità e, soprattutto, con il fatto di non essere “di parte”; un massone non può, né deve essere di parte proprio perché tradirebbe anche il proprio giuramento iniziatico. Un massone si deve muovere tra il filo a piombo e la livella. Schierarsi apertamente e politicamente potrebbe significare seguire ragioni e direttive di partito e, quindi, correre il rischio di non essere un uomo libero, posto sulla Via per elevarsi. Situazioni del genere, purtroppo frequenti, diventano imbarazzanti quando ad entrare in politica sono i vertici delle istituzioni: un vertice che deve essere sempre al di sopra delle parti. E non può connotare, con la sua scelta ed azione, l’Istituzione che guida e rappresenta. Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo permettere che la nostra Nobile Istituzione possa avere ritorni negativi, sostanziali e di immagine, a seguito della scelta politica del suo vertice. Possiamo, invece, prevedere che la terzietà e l’assoluta equidistanza tra le parti venga palesemente meno. Solo la dittatura ci deve vedere in azione per ridare la libertà ai popoli. E non vogliamo assolutamente parlare di eventuali punti di contatto con centri di potere economico od altro. Ed ancora: i collaboratori del politico/massone sono massoni o profani? In entrambi i casi, l’Istituzione sarebbe compressa tra il giuramento iniziatico del massone/politico e le convenienze dei partiti di appartenenza. Ovviamente, le opinioni sullo specifico argomento di massoni, anche eminenti, sono difformi; specialmente al sud, dove qualche volta l’appartenenza alla Nobile istituzione viene intesa e fraintesa come un potere da esercitarsi sul territorio. In ogni caso ed ad prescindere dalle varie posizione filosofiche/iniziatiche, un massone dovrebbe astenersi dalla vita istituzionale in occasione di una sua attività politica, sia per scelta etica personale che per motivi di opportunità. La sua appartenenza attiva ad un partito potrebbe generare un proselitismo “di parte” oppure “di convenienza”, generando il dubbio, fondato, che l’ingresso nell’Istituzione non sia per la propria elevazione, ma per “convenienza” profana. Ci auguriamo sempre che la saggezza di un massone sappia guidare ad una scelta etica ed istituzionale di elevato profilo, pur mantenendosi parte attiva nella vita sociale del proprio Paese, ma quale cittadino ossequioso delle leggi e dei doveri.