414 anni di Giordano Bruno |
Lunedì 17 Febbraio 2014 00:00 |
Oggi, 17 febbraio 2014, ricorre la morte di uno dei più grandi iniziati di ogni tempo, Giordano Bruno. Giordano Bruno, nato Filippo Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600), è stato un filosofo, scrittore e frate domenicano italiano. Tra i punti
chiave della sua concezione filosofica – che fondeva materialismo antico,averroismo, lullismo, neoplatonismo, arti mnemoniche, influssi ebraici e cabalistici – la pluralità dei mondi, l'unità della sostanza, l'infinità dell'universo ed il rifiuto. Con notevoli prestiti da Nicola Cusano, Giordano Bruno elabora una nuova teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma egli è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia. Per queste argomentazioni, giudicate eretiche, fu condannato al rogo dall'Inquisizione della Chiesa cattolica.
Il mondo è certamente cambiato, negli strumenti, in velocità di informazioni, in frenetici raggiungimenti dei risultati ad ogni costo, ma ciò che non è mai cambiato siamo noi stessi e tutto ciò che ci circonda. In questo Giordano Bruno era maestro indiscusso, maestro di due moti principali come qui ben descritto: “Dico dumque che nelle cose è da contemplare (se cossì volete) doi principii attivi di moto: l’uno finito, secondo la raggione del finito soggetto, e questo muove in tempo; l’altro infinito, secondo la raggione dell’anima del mondo, ovvero della divinità ,che è come anima de l’anima, la quale è tutta in tutto e fa esser l’anima tutta in tutto; e questo muove in istante». Un moto finito, un tempo a scadenza, incluso nel finito essere umano, spesso inconsapevole del proprio tempo limitato, l’altro infinito, in mano a Dio, Immanente e Trascendente, dentro e al di fuori di tutto, un essere senza spazio e senza tempo, un essere senza limiti, onnisciente e che tutto muove in un istante, l’istante del qui e ora, del presente assoluto, senza passato e senza futuro. Bruno non divide l’uomo da Dio, ma lo rende parte integrante, dove “l’atto puro”, Dio, il motore primordiale e infinito, entra nel finito, nel parziale, nell’ “impuro”, nel limitato e lo rende, a sua volta, eterno, immutabile in sostanza e pensiero, ma non nel senso. Bruno stesso affermava che se concepiamo il tutto secondo la ragione e non secondo il senso, noi possiamo arrivare a comprendere che una è la “Luce in tutte le cose” e che tutto diviene Uno, una ragione, una bontà, una nozione, una virtù, una operazione e che una sola è la sostanza che pensa, ha forza e agisce. Sicuramente le parole del grande iniziato Bruno saranno di maggior chiarezza: “Essenza potenza e azione, essere potere e agire, ente potente ed agente sono una cosa sola: cosicché tutte le cose sono uno, come bene conobbe essere uno il tutto e l’ente. Principiare, essere principiato,fare, essere fatto, illuminare, essere illuminato, superiore ed inferiore non sono l’ente, ma sono proprietà dell’ente, non sono ciò che è uno, ma ciò che è proprio dell’uno, ovvero deriva dall’uno, ovvero discende dall’uno”. Giordano Bruno ha ricercato per tutta la vita il monismo, ossia l’unità rispetto alla dualità, ma per farlo ha dovuto imbattersi nel discernimento tra ciò che è Luce e ciò che è ombra. La Luce è rappresentata dal Verbo che entra nell’ars memoriae (arte della memoria) attraverso l’anima, la forma e la luce stessa, a tal proposito Bruno caratterizzava la Luce come un qualcosa di invisibile, apparentemente separata in “atto puro” (Luce primordiale o Dio) e anima, ossia luce che dipende gerarchicamente dall’ “atto puro”. La Memoria diviene strumento di ascesa, perché guidata dal Verbo, quel Verbo che ha il compito di aprire le forme a priori della ragione, le forme fantastiche che risiedono nel famoso “mondo delle idee” di Platone. Giordano Bruno considera Dio quale motore primordiale e se tutto deriva da Dio, allora anche le forme fantastiche derivano da Lui. Il Verbo crea la forma fantastica e la forma fantastica crea le immagini, ossia le sub specie aeternitatis, le sottospecie eterne, i modi di esprimersi del divino. Il grande iniziato Bruno aveva compreso l’assoluto potere del Verbo che incide sul mondo delle idee e che apre le vie del lato destro del cervello, attraverso l’intuizione e le immagini. Questo è il linguaggio di Dio per Giordano Bruno. La realtà fantastica, l’anima, è appesa all’atto puro e da esso ne riceve istruzioni attraverso il Verbo. Di contro all’ascesa, Bruno contrappone la discesa, rappresentata dal senso che fa cadere nell’ombra. Le ombre delle idee sono due volte distanti dal vero, perché è del “tutto accidentale è la forma che da essi deriva”. Come afferma lo stesso Bruno ne il “Sigillo dei sigilli”: «Al senso del resto tocca non certamente conoscere con chiarezza le cose che sono fuori dell’anima, ma piuttosto annunciarle alla facoltà che le conosce; tocca quindi all’immaginazione conoscere non soltanto le cose di cui il senso è messaggero, ma anche quelle che sono nell’anima, in quanto azioni dei sensi». La forma è la sola verità, tuttavia bisogna essere coscienti se sia forma creata dall’atto puro attraverso l’ars memoriae, che ha come strumento divino il Verbo, o se è forma corrotta, creata dal senso, che ha in sé le proprietà sensibili, quali colore, calore, odore, sapore, ma che, alla fin fine, restano proprietà corrotte perché figlie del senso derivante dalla Materia. Mauro Amici |